Le tecniche del racconto sono oggi diventate competenze imprescindibili nella vita e nel lavoro. Dalle Instagram stories alle video-novels di YouTube, ognuno di noi si racconta per business o intrattenimento personale, a volte senza nemmeno saperlo. Viviamo in un flusso incessante di contenuti e informazioni, per lavorare, formarci, distrarci.

L’universo di conoscenze che abbiamo costruito, e che ci portiamo in tasca, passa sempre di più attraverso format e media narrativi. Fruiamo racconti che prendono vita nel content continuum, flusso di continue informazioni, dove ogni minuto sono caricati oltre 46.200 testi e immagini; in questo multiverso di contenuti le storie ci trasformano, ci danno potere, ci legano ad altri, e, a volte, ci spaventano. 

Con una storia, non siamo più di fronte a un prodotto da comprare, un’azienda da seguire, un marchio da ammirare, un servizio da sottoscrivere. Siamo di fronte all’ispirazione di un’immagine, l’autenticità di un gesto, l’eleganza di un contenuto. La differenza non sta solo nella qualità della nostra scrittura, delle nostre foto o dei nostri video, che ormai è data per scontata. La differenza sta nel nuovo nutrimento che le storie sanno dare: che tu sia un Amministratore Delegato che deve quotare l’azienda, un Direttore di Funzione che deve riposizionare un marchio o un professionista che vuole migliorare il suo profilo, dovrai rendere i tuoi pubblici protagonisti di storie coinvolgenti con iper-contenuti che lasciano a bocca aperta, magari anche un po’ sottosopra, perché gli argomenti finti politically correct non piacciono più a nessuno.

Saper raccontare stories oggi non è soltanto un vezzo stilistico, ma fa parte delle competenze organizzative e manageriali che deve possedere chi desidera ascoltare e farsi ascoltare.